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Alimentazione, Nutrienti

Focus sulle proteine: come valutarne la qualità.


mercoledì 17 ottobre 2018


Focus sulle proteine: come valutarne la qualità

Quando esaminiamo le proteine contenute in una dieta, non dobbiamo tenere conto solo del loro quantitativo, ma anche del tipo di proteine contenute e della loro "Qualità".

Le proteine vengono definite come macromolecole costituite da catene di amminoacidi legate tra loro da un legame peptidico.  La loro assunzione con l'alimentazione è necessaria per due principali ragioni:

1) apportano amminoacidi essenziali necessari per il benessere di un animale;
2) sono la principale fonte di azoto che serve al corpo per sintetizzare amminoacidi non essenziali, proteine, acidi nucleici e molti altri composti biochimici.

Quando vengono fornite fonti proteiche con l'alimentazione, non risulta importante solo il quantitativo somministrato, ma anche il tipo di proteina contenuta e la sua "Qualità".

Per valutare la qualità di una proteina bisogna prendere in considerazione diverse variabili: la digeribilità, il valore biologico, il profilo amminoacidico e, infine, i trattamenti termo-meccanici o enzimatici che subisce l'alimento.

La digeribilità di un nutriente viene definita come la percentuale che viene assorbita, rispetto a quella ingerita. Ossia, ipoteticamente, se un nutriente ha una digeribilità del 100% vuol dire che tutta la quantità che viene ingerita viene assorbita nel tratto gastroenterico.

Poiché la digeribilità vera e propria è molto difficile da misurare, generalmente ci si riferisce a quella che viene definita Digeribilità apparente, ossia la proporzione di un alimento ingerito che non viene escreto attraverso le feci e che quindi, presumibilmente, viene assunto dall'animale.

La formula per calcolare la digeribilità apparente di una proteina è la seguente:

% digeribilità apparente = [(azoto ingerito - azoto fecale)/azoto ingerito]x100

Tuttavia, il calcolo della digeribilità apparente non tiene in considerazione la quota di azoto endogeno fecale che viene prodotto nel tratto gastroenterico di un animale (costituita dagli enzimi, dalle desquamazioni epiteliali, dalle spoglie batteriche, ecc.) e che non deriva dalle proteine che vengono assunte. Questa quota di azoto è inclusa nell'azoto fecale considerato nell'equazione precedente e, come tale, può causare una leggera sottostima della reale digeribilità di una proteina.  Se il metodo utilizzato per valutare il coefficiente di digeribilità è quello in vitro (la fonte proteica viene messa in una condizione di incubazione dove viene simulato il processo digestivo) questa problematica non sussiste. Nondimeno, utilizzando questo metodo non vengono tenute in considerazione tutta una serie di fattori che in vivo possono modificare la digeribilità di una proteina. In particolar modo, non tiene conto della presenza nell'alimento di altri nutrienti, o sostanze, che nel tratto gastroenterico possono alterare la digeribilità della componente proteica, come per esempio la presenza di fibra che, in generale, causa la diminuzione della digeribilità di un alimento. Inoltre, non considera i fattori intrinseci dell'animale (come la specie, la razza o l'età dell'animale) che possono inficiare sulla reale quantità di proteina che viene assorbita.

Inoltre, nella pratica quotidiana bisogna considerare una serie di altri fattori, oltre a quelli già citati, che possono ulteriormente influire sulla digeribilità delle proteine contenute nella dieta:

- i trattamenti termici che subisce l'alimento prima di essere assunto, o i trattamenti termo-meccanici che avvengono nei processi di lavorazione di un alimento quando viene trasformato in alimento industriale.  Alcune fonti proteiche risultano meno digeribili in seguito ad un riscaldamento eccessivo, mentre altre, come le proteine della soia o di vari legumi, diventano più digeribili con la cottura in quanto da crudi contengono delle antitripsine che, essendo termolabili, vengono inattivate dal calore;
- la quantità totale di cibo che l'animale assume durante un pasto, poiché, maggiore è il quantitativo assunto, maggiore è la velocità di passaggio di questo nel tratto gastroenterico e, di conseguenza, minore sarà il tempo di azione degli enzimi digestivi con conseguente minor digeribilità;
- la composizione della dieta: la digeribilità di una razione dipende dalla digeribilità di tutti gli alimenti presenti in essa. In particolar modo, se nella razione ci sono degli alimenti con bassa digeribilità, anche gli altri alimenti risulteranno meno digeribili.

Il valore biologico di una proteina, invece, descrive l'efficienza con cui l'azoto in essa contenuto, e poi assorbito dall'animale, viene utilizzato dal corpo, ossia la percentuale di azoto assorbito che viene trattenuto dall'animale.

La formula per calcolare il valore biologico di una proteina è la seguente:

[(azoto ingerito - (azoto fecale - MFN) - (azoto nelle urine - EUN)] / [azoto ingerito - (azoto fecale - MFN)]

Dove per MFN si intende l'azoto fecale endogeno e per EUN l'azoto endogeno urinario.

Le proteine di origine animale hanno, generalmente, un valore biologico più alto, rispetto a quelle di origine vegetale. L'uovo, ad esempio, ha un valore biologico di 100.

Il valore biologico di una proteina deriva soprattutto dalla sua composizione amminoacidica, in particolar modo, maggiore è il suo deficit in amminoacidi essenziali rispetto al fabbisogno dell'animale, minore è il suo valore biologico.

Gli amminoacidi essenziali per il cane ed il gatto sono:

- Arginina, fenilalanina, istidina, isoleucina, leucina, lisina, metionina, treonina, triptofano e valina.

Nel gatto risulta essenziale anche la taurina, mentre nel cane essa può essere sintetizzata a partire dalla metionina.

In realtà sull'arginina ci sono pareri discordanti sull'inserirla, o meno, tra gli amminoacidi essenziali, poiché essa risulta essenziale solo in alcune fasi della vita (animali in accrescimento) o in corso di alcune patologie (in medicina umana è stato dimostrato che risulta essenziale in soggetti affetti da patologie renali).

Quando si valutano gli amminoacidi presenti in un alimento, non bisogna guardare il contenuto del singolo amminoacido, ma il profilo amminoacidico nel suo complesso (in particolar modo il quantitativo di tutti gli amminoacidi essenziali), poiché, nel corpo, l'utilizzazione plastica degli amminoacidi assunti con la dieta dipende dalla concomitante presenza, nella sede di sintesi, di tutti gli amminoacidi necessari per la sintesi della proteina richiesta. L'amminoacido essenziale meno presente nella dieta viene detto limitante. In generale nelle diete, soprattutto se costituite principalmente da alimenti di origine vegetale, gli amminoacidi che più frequentemente risultano limitanti sono la lisina, la metionina, la treonina e il triptofano.

Inoltre, quando si somministra una razione contenente più fonti proteiche bisogna valutare l'azione associativa o complementare delle diverse proteine presenti nella dieta. Il valore biologico della componente proteica di una razione, non è rappresentato dalla media dei valori biologici delle singole proteine, ma dal profilo amminoacidico dell'intera razione. Infatti, due o più proteine di scarso valore biologico possono, se date in associazione, "completarsi" reciprocamente andando a soddisfare tutte le esigenze di amminoacidi essenziali richieste da un animale.

Se poi ci si riferisce ad un alimento industriale, capire la qualità delle proteine in esso contenute è praticamente impossibile. Nei tenori analitici le indicazioni riguardano la proteina grezza. Questo valore si riferisce ad un puro calcolo matematico che origina dalla moltiplicazione dell'azoto contenuto nell'alimento per 6,25, ma non fornisce alcuna indicazione né sulla sua digeribilità né sul suo valore biologico. Qualche indicazione maggiore può fornirla la lista degli ingredienti, in cui la valutazione delle fonti proteiche contenute nel mangime può essere utile per valutare la "qualità" delle proteine originarie, ma non bisogna dimenticare che i trattamenti termici, e meccanici, che queste proteine subiscono durante la lavorazione, possono inficiare notevolmente sulla loro digeribilità e, di conseguenza, anche sulla loro biodisponibilità.

Bibliografia:
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MS Hand, CD Thatcher, RL Remillard, P  Roudebush, BJ Novotny. Macronutrients. In:  Small Animal Clinical Nutrition  2010, pp. 39‐105
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Weber MP., Biourge VC., Nguyen PG. Digestive sensitivity varies according to size of dogs: a review. J Anim Physiol Anim Nutr (Berl). 2017 Feb;101(1):1-9.


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